E se le edicole facessero pagare per dare una sbirciatina ai giornali? Non molto, venti centesimi. Uno entra, si fa un giro tra le riviste e i quotidiani, legge quello che vuole (anzi no, solo i titoli, così si salvaguarda il diritto d’autore), magari costruisce il puzzle allegato alla Pimpa e poi esce.
Lo propongo come modello di innovazione del settore editoriale. Cosa dite? Che così morirebbero i giornali e i giornalisti? Impossibile. Lo garantiscono fior di esperti ministeriali per cui “innovazione” è diventata negli ultimi anni la parola magica di qualsiasi ragionamento sull’editoria. E in fin dei conti il business model dei social network e dei motori di ricerca non è tanto diverso: guadagnano vendendo pubblicità su aggregazioni di contenuti prodotti da altri. È innovazione questa?
Però il “mantra” del consulente è costante. Occorre innovazione, meglio se “tecnologica”. Negli ultimi 10 anni i quotidiani hanno perso il 30% della forza lavoro? Serve innovazione. Il 47% degli italiani non legge mai un quotidiano? È colpa della mancanza di innovazione.
Alla richiesta di fornire esempi pratici il discorso si fa più sfumato. Solo una cosa è sicura. Persino i liberisti più sfrenati, quelli che credono nel potere salvifico del mercato senza regole e vogliono l’abolizione dei contributi, devono ammetterlo: l‘informazione digitale non è in grado di generare un fatturato sufficiente a sostenere il lavoro giornalistico di produzione dei contenuti. In nessun Paese del mondo. Punto.
Tutti i giornali che fanno parte della campagna #menogiornalimenoliberi dispongono di un sito web, una app di riferimento, una edizione digitale, una apprezzabile presenza sui social. Anche il mai troppo compianto Corriere Mercantile aveva un bellissimo sfogliatore online (realizzato dall’ex cantante dei Litfiba, giuro) eppure ha cessato le pubblicazioni.
Chiedete in giro: i ricavi vengono ancora dalla carta. È un lettore più anziano? Certo. Messo a dura prova dalla crisi? Tutto vero. Ma almeno paga.
In Italia la percentuale di persone disponibili a investire per leggere le news online, secondo il preziosissimo Digital News Report dell’Istituto Reuters, è il 12%. Una cifra miserrima. Credo che nessun ragionamento sull’innovazione contenuto all’interno della riforma per l’editoria che verrà possa permettersi di prescindere da questi dati.
Emilio Gelosi
Responsabile Comunicazione Legacoop Romagna
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