Viganò, uno dei più importanti editori privati italiani: «Una tantum da Facebook e Google? Seguano le nostre regole e paghino le nostre tasse» 3


Il piglio deciso di chi ha le idee chiare, lo sguardo e la voce di chi ha la responsabilità di un’impresa che rappresenta posti di lavoro e fatturato in un settore strategico quale l’informazione. E anche la sua posizione su quello che le istituzioni dovrebbero fare non è comune. Lui è Gianluigi Viganò, il numero uno di Dmedia Group, la holding che ha in pancia 38 testate, tutte rigorosamente locali, oltre a 8 Free Press, 12 edizioni commerciali e 2 On Line, con una tiratura media che supera le 300 mila copie settimanali.

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E il primo pensiero va al 2014 che si è appena concluso: «Chiudiamo con un fatturato in crescita del 4% che di questi tempi…». La domanda che nasce spontanea, qual è il segreto? «Più che un segreto una ricetta. Intanto lavorare di più, poi l’innovazione tecnologica, che all’interno della nostra azienda ha sempre avuto un posto di rilievo perché ti permette di abbassare i costi, diversificare andando ad occupare quegli spazi che si sono creati a seguito della crisi, conservare un forte radicamento con il territorio».

Concetti chiari e in apparenza semplici che tuttavia non sono di facile applicazione: «Il problema vero è che quando ci si trova nel bel mezzo di una crisi congiunturale come questa, molti puntano esclusivamente alla diminuzione dei costi, ma questo significa giocare in difesa e poiché l’editoria vive anche, se non soprattutto, una crisi strutturale, puntare tutto solo ed esclusivamente su tagli lineari non produce effetti sostanziali».

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Ecco, perché l’editoria è più in crisi di altri settori? «Perché negli ultimi dieci anni siamo stati letteralmente travolti dal modello digitale e gli editori non se ne stanno ancora rendendo conto». Mi faccia un esempio concreto: «Il nostro gruppo, che fattura circa 15 milioni di pubblicità, un tempo poteva contare su un dieci per cento circa di annunci di offerte di lavoro, economici, immobiliari… non ci sono più. Sono andati in fumo perché ormai è la rete che in questo settore la fa da padrone. Per cui la crisi finirà ma questi fatturati, in questo settore, non torneranno più».

Cosa deve fare l’editoria per superare questo momento? «Occorrono due tipi di intervento e in questo anche lo Stato deve fare la sua parte. Da una parte gli editori che devono mettere in discussione il modello di business che si è perseguito in questi anni tenendo comunque conto che la carta ci sarà sempre e nessuna azienda, nessuna attività commerciale, nessun prodotto può prescindere dalla carta. I giornali creano il bisogno, quello che Internet non sarà mai in grado di fare». E’ un concetto che forse richiede un esempio: «Se lei non sta cercando casa difficilmente si metterà davanti ad un computer a sfogliare gli annunci economici ma se sta leggendo un giornale e scopre che a due passi da casa sua sta nascendo un complesso residenziale con certe caratteristiche lei si interessa. La pubblicità sui giornali ha un peso specifico superiore rispetto al web anche perché raggiunge persone che non sono abituali frequentatori del mondo Internet». E questo è quello che devono fare gli editori. «Non solo, oggi un quotidiano esce sostanzialmente pieno di notizie vecchie (già pubblicate da internet il giorno prima) ma se cerchi gli approfondimenti, se cerchi di andare oltre la notizia, diventa difficile documentarsi. Penso quindi che i quotidiani dovranno rinnovarsi maggiormente».

Cosa deve fare lo Stato? «Una sola cosa, in apparenza semplice, ma fondamentale per la sopravvivenza di tutto il settore e cioè regole uguali per tutti. Google e Facebook, e non li cito a caso, sono sostanzialmente degli editori e pertanto devono sottostare alle stesse nostre regole ma in particolare su tre aspetti: privacy e quindi la diffamazione e tutto quello che ne comporta, la fiscalità, la tutela del lavoro». Prendiamo punto per punto. «Sui nostri giornali la legislazione ci impone di tutelare le fasce deboli ed è giusto che sia così, ma perché su Facebook trovo il filmato con i bulli che aggrediscono un coetaneo, tutti riconoscibili, condiviso da migliaia di utenti e che quindi portano migliaia di visualizzazioni e conseguenti click pubblicitari mentre da noi la notizia deve essere edulcorata al punto che si fa fatica persino a capire dove e quando è successo il fatto? Quando anche lei va a pubblicare la notizia nascondendo le generalità di tutti i coinvolti lei la querela la prende lo stesso. Facebook? Google? A chi la fa? La legge deve imporre anche a loro la responsabilità oggettiva di quello che viene pubblicato. Fiscalità? Se vendo la pubblicità a Monza devo pagare le tasse a Monza, seguire il nostro regime fiscale e non quello irlandese e questo vale anche per il lavoro. Se il tuo fatturato lo fai in Italia devi seguire le leggi italiane. Se tutto questo non avverrà siamo destinati a soccombere».

Quello che sta emergendo in questi giorni è la volontà di far pagare una sorta di una tantum a questi grandi player, un po’ quello che è successo in Francia e in Spagna, lei cosa ne pensa? «Sbagliatissimo, io quella la chiamo elemosina, non è con i quattrini che si riforma il settore ma con le regole e queste, le regole, devono essere uguali per tutti. Allo Stato non chiedo quattrini ma regole uguali per tutti».

Ma lei non pensa che il sistema dovrebbe sostenere con risorse pubbliche anche l’informazione? «Questo è ancora un altro aspetto. Penso ad esempio che la nostra televisione pubblica non dovrebbe avere tanti canali ma uno sganciato completamente dalla pubblicità. Penso anche qui ad un’informazione di qualità, sostenuta da un canone così come credo ci debbano essere particolari settori dell’informazione che devono essere sostenuti con risorse pubbliche. A mio avviso anche qui ci dovrebbero essere tre particolari casi che andrebbero finanziati: giornali di qualità e di servizio che pur avendo un buon pubblico di lettori non sono in grado di sopravvivere con la pubblicità, le start up e un sostegno in caso di riconversione». Parola di Gianluigi Viganò.
Claudio Verretto, da Sprint&Sport


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