C’è una strana idea di democrazia che alberga nel Movimento Cinque Stelle.
Questa idea di democrazia, che vorrebbe fare giustizia di prebende e privilegi, finisce per scontrarsi con la cruda realtà quotidiana, forse poco praticata da chi crede che pensieri, decisioni e candidature debbano passare solo attraverso la democrazia virtuale del web.
Una visione da avatar che, nella sua declinazione nella vita reale, finisce poi per favorire proprio quelle sacche di potere che a parole si vorrebbero combattere.
L’ultimo esempio di questa distonia fra vita reale e realtà virtuale è quanto sta accadendo in parlamento a proposito del finanziamento pubblico all’editoria.
Da una parte, infatti, da mesi si discute e si approfondisce il disegno di legge per istituire il Fondo per il pluralismo dell’informazione. Dall’altro, il M5S ha presentato una proposta di legge per l’abolizione del finanziamento pubblico.
Proposta bocciata grazie ad un emendamento presentato da Sel e votato a larghissima maggioranza.
Ciò che sfugge ai grillini è che senza questo sostegno pubblico a cadere sarebbero non i grandi giornali dei grandi gruppi politico-finanziari, ma le testate locali, quei giornali cioè che rappresentano i territori e hanno un legame diretto con i cittadini. Peraltro, il disegno di legge per l’istituzione del “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe per la ridefinizione del sostegno pubblico all’editoria” definisce criteri molto selettivi di attribuzione delle risorse, non più – ad esempio – agganciate alla tiratura dei giornali (come accadeva in passato, con gli ampi e discutibili margini di manovrabilità giustamente contestati), ma alle copie effettivamente vendute.
Questo disegno di legge non è dunque un favore ai grandi gruppi editoriali, ma un sostegno alle piccole imprese editrici locali schiacciate non solo dalla sfavorevole congiuntura ma anche dallo strapotere dei grandi gruppi che riescono a influenzare anche il mercato pubblicitario.
Molto esplicative sono in proposito le parole di Roberto Rampi, il deputato Pd relatore del provvedimento discusso alla Camera: «Con la proposta di abrogazione del M5S perderebbero il sostegno e verrebbero chiuse circa duecento piccole testate locali, peraltro sottoposte a verifiche puntuali e vincolate a dimostrare il numero di copie vendute e a rispettare regole ferree sulle assunzioni».
Perché questo è l’altro aspetto: le piccole testate locali, vincolate a regolari contratti di assunzione, garantiscono posti di lavoro. E proprio a Taranto sappiamo quanti posti di lavoro sono andati perduti nel settore dell’informazione negli ultimi anni. Se passasse l’idea grillina avremmo quindi un doppio effetto negativo: quello occupazionale, con la cancellazione di centinaia e centinaia di posti di lavoro, e quello della grave limitazione del pluralismo, perché verrebbero annientate tutte quelle piccole voci locali che oggi hanno il compito di narrare i propri territori, altrimenti destinati a scomparire dal panorama dell’informazione nazionale.
Il finanziamento pubblico ha sempre generato dubbi perché ha prodotto scandali, sprechi e distorsioni. Ma questa volta la sensazione è che si sia imboccata una strada diversa, con criteri selettivi che promuovono anche l’innovazione tecnologica per quelle imprese editoriali intenzionate a sperimentarsi sul web.
Con la sua soppressione, voluta dai grillini e sostenuta dalla Lega, si farebbe un favore proprio ai grandi gruppi editoriali, gli unici con la forza economica e politica di restare sul mercato.
La morte del pluralismo, dunque. Con il potere dell’informazione concentrato nell’ oligopolio dei grandi gruppi di interesse.
A meno di non pensare davvero che il pluralismo possa essere garantito da quella giungla senza regole e controlli che è il web, la grande rete che, salvo casi rarissimi, ha disintegrato l’autorevolezza e l’attendibilità dell’informazione e ha polverizzato il mercato del lavoro giornalistico.
Perché una cosa è sbarcare sul web con un progetto strutturato, altro è annegare nel dilettantismo dell’improvvisazione che produce una pseudo informazione di infima qualità senza produrre neppure un posto di lavoro.
(commento di Enzo Ferrari, direttore Taranto Buonasera, 14 ottobre 2015)
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