Alfredo Monaco (Scelta Civica): “I giornali non devono essere servi di nessuno”


Proseguono le interviste volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della libertà d’informazione e sui rischi conseguenti la chiusura di più di 200 testate giornalistiche locali.

Nell’ambito della campagna nazionale “Meno giornali meno liberi” e di “Luna Nuova il nostro giornale” sono state poste alcune domande ad Alfredo Monaco, noto medico giavenese e consigliere regionale di Scelta Civica.

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Consigliere Monaco, non crede che il ruolo dei giornali locali sia insostituibile nel panorama italiano dell’informazione? Chi se non l’informazione locale può dare voce alle realtà associative, politiche, culturali, sportive, delle periferie urbane come dei piccoli centri montani?

«È indubbio che i giornali locali rappresentano l’indice di una comunità viva. Il Piemonte ha una lunga tradizione e conta moltissime testate locali, sintomo di vivacità culturale e intellettuale. Vi sono alcune notizie rilevanti per il microcosmo che vengono ignorate dai grandi media per motivi di spazio insufficiente, eppure costituiscono la spina dorsale di un territorio, e sono espresse poco sopra: sport, associazioni, piccoli grandi traguardi di un paese. Aggiungo anche tradizioni: feste, memoria, folklore, ricordi. Se si rileggono a distanza, anche le piccole notizie rendono una sorta di filo conduttore di una comunità, con i suoi successi e le sue battaglie. Il giornale locale dà spazio a tutti gli attori, permettendo di conoscere storie belle e meno belle che ci riguardano più da vicino, oltre a svolgere un vero e proprio servizio per le informazioni necessarie alla vita quotidiana nei piccoli centri.»

Non ritiene, come sostengono molti, che il pluralismo dell’informazione sia un “bene comune” da salvaguardare?

«Certo, sono perfettamente d’accordo. Il rischio, con la chiusura dei piccoli giornali locali, è che tutto passi attraverso i grandi media e le grandi concentrazioni editoriali, che poi spesso sono legate ad altri tipi di poteri, come quelli industriali o finanziari. Nei piccoli giornali invece, in genere, c’è ancora molta autonomia e la possibilità di raccontare più fatti, e dare voce a più pareri sul medesimo argomento. Solo così si garantisce il confronto vero. Il secondo rischio è l’uniformarsi delle notizie al “mainstream”, senza lo spirito critico che contraddistingue spesso le testate locali. È spesso nel piccolo che fanno palestra quelle che poi diventano “penne” importanti».

L’editore di Luna Nuova è una cooperativa di giornalisti non profit: quale migliore garanzia verso i lettori?

«Sono arrivato in Val Sangone nel 1990 e Luna Nuova è stata per me uno dei primi mezzi di contatto con la realtà locale. Ho poi avuto modo di conoscere il vostro modo di lavorare quando mi sono confrontato con i collaboratori di Luna Nuova nei miei anni da consigliere comunale a Trana e in Comunità montana Val Sangone. Il fatto che sia una cooperativa di giornalisti non profit, che non ha altri interessi se non l’editoria pura, aggiunge un punto a favore della testata».

Piccoli giornali, con bacini di utenza circoscritti, non hanno la possibilità di accedere a grandi risorse e rischiano di morire stritolati da pochi grandi gruppi editoriali. Come avviene in tutta Europa, anche in Italia lo Stato deve intervenire in loro difesa?

«Ne sono convinto per quanto dicevo prima. Ci devono essere rigorosi controlli affinché non siano destinatari di aiuti certi giornali “finti”, che non hanno reale distribuzione o lettori. Ma senza l’intervento dello Stato, con contributi mirati e controllati, è indubbio che molte piccole realtà siano destinate a scomparire, e ne farebbero le spese non solo i diretti interessati, cioè i giornalisti e l’indotto, che comunque sono già un numero considerevole di persone, ma i lettori stessi, che hanno diritto ad essere informati con una pluralità di mezzi tra cui scegliere. Per questo sono tra i firmatari di un ordine del giorno che impegna la giunta regionale a portare il problema all’attenzione del governo, affinché riveda i tagli presunti».

Se lo Stato non intervenisse, il mercato dell’informazione cartacea rimarrebbe in mano a pochi potenti. Con quali rischi per la democrazia?

«Con rischi enormi. Nella storia abbiamo già visto Stati con partiti unici e giornali imbavagliati, che scrivono ciò che va bene e tralasciano le brutte notizie. Io credo che in una democrazia vera ci voglia il massimo della trasparenza, e il massimo dell’informazione possibile. Trasparenza da parte delle pubbliche amministrazioni e pluralità di informazione devono andare a braccetto per consentire al cittadino di fare le proprie scelte e valutazioni sulla base di dati certi. Informazione che deve essere fatta bene, da professionisti, da persone che verificano le notizie alla fonte e non sono “servi” di nessuno».

Lei se la sente di sostenere la campagna nazionale “Meno giornali meno liberi” attuando un’azione di lobbing assieme ad altri politici sensibili a questo tema?

«Proseguirò certamente nel mio impegno a favore delle piccole testate e sostengo appieno la campagna. Credo che i piccoli giornali siano una forza per l’identità territoriale e un cemento socializzante».

(fonte: Daniele Fenoglio – Luna Nuova, 17 marzo 2015)

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