Giuseppe Marchica (Sinagi): «Più edicole, più giornali, più liberi»


ROMA. Ogni edicola è una lanterna accesa per tutti coloro che amano l’informazione, la cultura, le relazioni sociali. Ne è consapevole Giuseppe Marchica, segretario nazionale del Sindacato nazionale giornalai legato da un patto federativo al Sindacato lavorati comunicazione della Cgil.

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Quale situazione sta vivendo il mondo dei gestori delle edicole sul territorio nazionale?

«Penso che i numeri siano la risposta più eloquente: nel 2005 i punti vendita erano 42 mila; nel 2010 i punti vendita erano 37 mila; nel 2015, i punti vendita sono 30 mila; l’utile medio per edicola, non arriva a mille euro, ogni taglio, ogni giornale che chiude, ogni tassa piccola o grande, con questi redditi, fa chiudere delle edicole. Edicole che, si badi bene, in molte zone delle città e dei paesi sono un punto di riferimento per la comunicazione, il luogo nel quale si scambiano idee, si vivono relazioni. Quali vuoti si creano quando chiude un’edicola è facile immaginare, ma molti sembrano rimuoverlo».

Cosa pensate del drastico taglio inferto al Fondo per l’editoria nel 2013, alla ulteriore riduzione nel 2014 e al vuoto per il 2015?

«Un paese democratico, non può fare a meno della libera informazione, col monopolio dei flussi pubblicitari, senza aiuti economici ai piccoli, alla fine restano solo pochi grandi gruppi editoriali. Sarebbe un colpo mortale alla democrazia nel suo complesso, per non dire all’immagine che forniamo ai Paesi di testa del mondo… a meno che non vogliamo rallegrarci, ogni anno, di scendere in tutte le classifiche che riguardano diffusione e trasparenza dell’informazione».

Quale danno può derivare dalla sparizione del mercato editoriale di 122 fra testate quotidiane e periodiche questo anno?

«Mi rifaccio a quanto detto sopra sulla grande utilità della libera informazione, e al fatto che la scomparsa di tante testate porta con sé la chiusura di altre edicole, quindi un danno enorme da tutti i punti di vista nel quale includerei anche la voce dei territori. Se esiste un periodico di un piccolo paese perché non deve avere una diffusione? Perché deve girare solo come se fosse un fatto clandestino. Più edicole, più giornali, più liberi».

Su quali temi pensate di poter incalzare il Governo in vista di una riforma generale dell’editoria evocata ma ancora in aria?

«Sui temi del pluralismo e delle regole. Gli slogan sulle liberalizzazioni, vanno superati dal merito dei problemi, liberalizzare le edicole, vuol dire polverizzare la rete di vendita, far arrivare i prodotti in 50, 60, 70 mila punti, ma chi è in grado di arrivare dovunque? Non la piccola e media editoria, quindi solo i grandi gruppi, e il resto si va a cristallizzare in pochi esercizi super specializzati, e quando l’offerta editoriale non sarà completa in ogni edicola, resteranno pochi. Di sicuro le edicole che conosciamo, chiuderebbero subito, cambierebbe il sistema, la distribuzione, già in mano a 2-3 grandi gruppi, “normalizzerebbe” e pianificherebbe a propria immagine e per propri interessi. Al Governo, in un comparto delicato come questo, chiederemo regole condivise».

Credete ad un’alleanza più stretta con il mondo dei piccoli editori cooperativi e non profit e il giornalismo senza grandi capitali?

«Assolutamente sì, e in questa alleanza, un ruolo lo possono avere le edicole»

Come pensate di ampliare la diffusione dei giornali di fronte alle non poche scorciatoie intraprese dai grandi gruppi editoriali?

«Intanto ci auguriamo che la qualità complessiva dell’offerta cresca, cosa a cui pochi guardano purtroppo, e poi dobbiamo costruire un sistema, una rete moderna che copra l’intero territorio, anche quel territorio che oggi viene lasciato scoperto dalla distribuzione perché ritenuto antieconomico, in questi giorni, nel Messinese, c’è la rivolta di innumerevoli Sindaci, che hanno visto interrompere il servizio alle proprie edicole da parte del locale distributore. Non ha senso aprire altri 10 punti di fianco all’edicola e poi lasciare senza questo servizio, centinaia e centinaia di comuni piccoli. Occorrono regole perché una rete deve esserci, deve essere diffusa, e in grado di lavorare con un minimo di certezza e di trasparenza.

Noi stiamo lavorando anche nella direzione di far diventare fino in fondo, l’edicola il centro vero dell’informazione e dei servizi, in sinergia con le amministrazioni pubbliche, ma occorre affrontare tutto il sistema, con uno sguardo nuovo, senza preconcetti, e senza sbandierare la liberalizzazione come una panacea, perché in questo settore, è esattamente il contrario».

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