Sergio PIzzolante (NCD): «Scure sui fondi? Democrazia in pericolo»


RIMINI. Sergio Pizzolante, deputato del Ncd-Udc-Ppe, coordinatore Ncd dell’Emilia-Romagna, prende posizione contro la drastica riduzione dei fondi dell’editoria e annuncia un’iniziativa rivolta al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al sottosegretario Luca Lotti.

Tutto il settore dell’informazione, dalle agenzie stampa ai giornali quotidiani e periodici, è sotto una tempesta nella quale lo Stato sembra ormai del tutto avere perduto la bussola…

«Da un lato c’è un grande mutamento in atto nel mondo dell’informazione, determinato dall’avvento delle nuove tecnologie; dall’altro c’è una forte riduzione dei poteri pubblici a determinare un nuovo orientamento, partendo dal principio che non basta la sola forza delle leggi di mercato a garantire il pluralismo e la tutela delle diverse e sempre più articolate forme della comunicazione».

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«Il problema non mi è nuovo – aggiunge Pizzolante –: come parlamentare alla fine dell’anno scorso, in un question time rivolto alla Presidenza del Consiglio sul tema del finanziamento alle agenzie di stampa, ho rivolto precise domande e devo dare atto che, per lo meno sul piano del principio, lo stesso presidente Matteo Renzi ha assicurato che quello del riordino del sistema dell’informazione è un tema nell’agenda di governo per il 2015».

Questa intenzione sembra però avere trascurato, o comunque messo in ombra, quella parte dell’informazione assicurata dai giornali locali editi da cooperative e periodici da società non profit…

«È vero, e infatti sto rivolgendo al ministro Angelino Alfano e al coordinatore nazionale del mio partito, Gaetano Quagliariello, una richiesta di intervento chiarificatore per quella parte del Fondo dell’editoria presso la Presidenza del Consiglio che concede contributi pubblici per agevolare la continuità editoriale a cooperative vere di giornalisti e associazioni non profit che editano, fermo restando che in questo settore l’esigenza di razionalità, efficienza e severità dei controlli era e resta una priorità. L’idea però di usare la scure, con il dimezzamento di fatto dei contributi – fra l’altro retroattivamente, visto che nello scorso dicembre si sono predisposte le liquidazioni ancora risalenti al 2013 – mi sembra un metodo sbagliato e oserei dire anche pericoloso per la democrazia, visto il ruolo sociale che l’informazione locale e nazionale continua e deve continuare a svolgere».

Lei che cosa auspica dunque?

«Oggi i soldi pubblici devono essere spesi bene ed è già scontato da alcuni anni che sono un elemento integrativo, ma non possono essere contati come decisivi per chiudere i bilanci delle aziende. Proprio perché quei contributi pubblici, anche se molto minori rispetto al passato, servono per legittimare l’autonomia delle testate e non il loro indiscriminato sostegno. La maggioranza dei cittadini può, secondo me, ancora accettare che vi sia una parte dell’informazione sostenuta dallo Stato, ma non a fondo perduto, non come mancia, o regalìa, e questo i giornalisti devono comprenderlo perché sono come tutti gli altri cittadini, non soggetti privilegiati. In ogni caso credo che l’analisi vada approfondita per il futuro coinvolgendo tutti i soggetti dell’informazione includendo, oltre alla carta stampata, il web, le emittenti radiofoniche e televisive anche di ambito locale e regionale».

Il rischio però, per parecchie testate e per le società che le editano, è di arrivare morenti a quell’appuntamento.

«Lo so ed è per questo che come Ncd non prendiamo sottogamba l’appello dell’ampio fronte di associazioni ed enti che sostengono la richiesta di rivedere l’imponenza del taglio ai contributi all’editoria. Come spesso avviene, l’emergenza porta all’irrazionalità delle decisioni. Non tutto però deve essere addossato al Governo che, anzi, del riordino della materia fa un argomento di scelte, sia pure non avendo avuto per quest’anno né tempo, né risorse per affrontarlo prima con la dovuta calma».

Lei come parlamentare con notevole esperienza nutre speranze che si trovi una soluzione?

«Credo ragionevolmente di sì e non solo perché – come ci è noto – si rischiano centinaia, se non alcune migliaia, di posti di lavoro, ma perché ritengo che nel nostro futuro di grande Paese europeo bisogna investire nella società dell’informazione e realizzare buona occupazione. È una strada lunga, ma la mia intenzione e quella di altri validi colleghi è di non buttare via il bambino con l’acqua sporca».

«Molto però – conclude Pizzolante – devono fare anche le aziende cooperative e non profit: la scarsa capacità di concentrazione delle forze e l’assenza di alleanze e fusioni editoriali di questi tempi sono inconcepibili. Queste carenze, che sono da addebitarsi anche al settore dell’informazione, rappresentano oggettivamente un limite dell’imprenditoria italiana, o almeno di gran parte di essa».

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