Mimmo Porpiglia (La Gente d’Italia): «Libertá di informazione e pluralismo delle idee»


Mimmo Porpiglia, direttore del giornale Gente d'Italia

La gente d’Italia, quotidiano italiano delle Americhe è un giornale fondato nell’anno 2000 da Maria Josette Caprio e Domenico Porpiglia (foto), firma storica del Mattino di Napoli di cui è stato per 35 anni l’inviato speciale di punta. Nato come mensile delle grandi firme, diventato poi settimanale e dal 2003 quotidiano, il giornale si propone ai lettori come un raccoglitore a largo raggio d’interesse, dedicato alla diffusione delle principali notizie pervenute dalla Penisola e concentrato sulle vaste ed imprescindibili sfumature che dell’Italia realizzano l’identità. (Fonte: Wikipedia)

Libertà di informazione, pluralismo delle idee, diritti costituzionali, tutti principi generali che dovrebbero essere salvaguardati, ma in nome dei quali molto spesso si assiste ad un coro di piagnistei e di banalità. In realtà questo dobbiamo dirlo, il sostegno del governo al pluralismo delle idee ai piccoli giornali e alla stampa italiana all’estero, rappresenta in parte piccoli contributi delle edizioni teletrasmesse dei quotidiani, e quotidiani e periodici editi e diffusi all’estero, e rientra in quel più vasto campo del sostegno all’informazione in Italia, legge 1981. In quell’anno, però, la televisione commerciale non esisteva, Internet era ancora roba da militari. Sono passati più di 30 anni e la legge è sempre la stessa.

Si parla della riforma: parole e chiacchiere, solo parole e chiacchiere… Questo governo, come quelli precedenti,  distribuisce ancora sgravi fiscali e bonus, contributi e sussidi. Ma non certo all’editoria del pluralismo delle idee. E sono tanti i beneficiati dallo Stato: dai produttori di prosciutti ai proprietari di montoni riproduttori, passando per gli organizzatori di circhi e spettacoli viaggianti. I bonus ci sono anche per chi pianta un albero nel proprio giardino, per chi coltiva il pungitopo, per chi si falcia il prato, per chi pianta un vigneto e anche per chi lo espianta. In tutto sono più di un centinaio i beneficiari di altrettanti aiuti dello Stato e delle Regioni, a volte anche dell’Unione europea.

Si parte con i noti sostegni statali per la ‘crescita’: bonus bebè, buono scuola, borsa di studio universitaria, e poi, dopo la pensione, social card e buoni socio-assistenziali. Questi per restare nella vita dei normali cittadini.

Ma proprio un’inchiesta giornalistica ha svelato figure sconosciute che non solo sopravvivono, ma sono anche mantenute dallo Stato. L’ammansitore del cavallo della Murgia, l’alpeggiatore dell’alto Lazio, l’ammaestratore dell’asino di Martina Franca hanno ricevuto sussidi statali. Ci sono poi finanziamenti anche per attività culturali e religiose: in Friuli Venezia Giulia sono stati stanziati cinque milioni di euro per lo studio dei celti, e altri quattro milioni per la diffusione del marilenghe, la lingua locale… Il marilenghe è più importante dell’italiano, della lingua italiana all’estero…  Sono stati elargiti anche 12 milioni per i fiori di Sanremo…E non sono mancate le contraddizioni: come i buoni scuola teoricamente riservati ai meno abbienti che in Lombardia sono finiti nelle tasche di 4 mila famiglie con reddito fra i 100 e i 200 mila euro annui, alcune delle quali residenti nelle zone più ricche di Milano, da piazza San Babila alla Galleria Vittorio Emanuele.

E’ stata promessa questa riforma ma mai arrivata… E pure questo Governo aveva parlato di una riforma organizzata dell’Editoria, parlato per l’appunto, come ha parlato della riforma della giustizia, del fisco, di mille altre riforme, sempre annunciate, e mai realizzate. Dovendo fare i conti con la scarsità delle risorse del bilancio pubblico, il Governo ha deciso di sacrificare subito una piccola categoria, i giornali locali, quelli delle idee, quelli  dove impera il pluralismo. Gli altri, i grandi big dell’editoria no, quelli continuano a prosperare….

E’ la cronaca di una morte annunciata. Perché la domanda che noi tutti dovremmo porci è riguardo alle ragioni che ha portato il Governo a colpire proprio i piccoli giornali, le voci del pluralismo. E i principali capi d’accusa sono due: la destinazione di somme importanti a favore dei grandi gruppi editoriali; l’inutilità della maggioranza diretta ai piccoli giornali ed ai giornali italiani all’estero. Quelli che – è vox populi – non potranno mai resistere sul mercato visto il depauperamento della pubblicità e gli scarsi lettori.

Ma sono accuse, alla Grillo, demagogiche e populiste. Che, purtroppo, sono diventati cavalli di battaglia di questo governo; così come lo erano stati di quello precedente e di quell’altro ancor.. Questo esecutivo, che dalla sua ha una forza che va ben oltre la propria maggioranza parlamentare però è passato all’azione. E lo ha fatto in maniera semplice e diretta: riconfermando il sostegno alle imprese da diritto stabilito, “nell’anno e nel quantum” da una legge dello Stato, a diritto collegato allo stanziamento di bilancio: se ci sono soldi in Finanziaria bene, altrimenti arrangiatevi…

Su un argomento tanto complesso è stato impedito da anni, il normale dibattito parlamentare. Ma non solo. L’efficacia di questa norma fa riferimento al 2009; in altri termini, in totale violazione al principio, elementare, della certezza del diritto le imprese editoriali hanno scoperto nell’ottobre scorso  che era stato saccheggiato il giá risicato fondo per l’editoria per l’anno 2013 ( circa 50 milioni per 200 testate) . E che quindi gli editori avevano firmato bilanci “falsi”….

Come leggerete all’interno di questo quotidiano sono centinaia le testate non profit che rischiano di chiudere sul territorio nazionale e all’estero che attualmente danno lavoro a migliaia di giornalisti, grafici e poligrafici.

La Carta fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea impegna ogni Paese a promuovere e garantire la libertà di espressione e di informazione. Tuttavia oggi lo Stato Italiano è agli ultimi posti in Europa per l’investimento pro capite a sostegno del pluralismo dell’informazione. L’investimento attuale è, infatti, pari ad una cifra irrisoria del Bilancio dello Stato.

Le imprese editoriali che, purtroppo,  chiuderanno, non cesseranno le pubblicazioni per scelta. Questa cosa accade nei Paesi civili dove si annunciano alle aziende, che a partire da una data ben precisa i contributi diminuiranno di un tot stabilito.

Da noi sta succedendo il contrario. Non si può consentire al governo di cambiare le regole del gioco in corsa. A corsa terminata. Perché poi la chiusura di tante testate non riguarda soltanto gli editori, i giornalisti o i fornitori, ma tocca il dibattito all’interno del Paese.

Se si vuole salvare un sistema, in parte decotto, occorre da subito pensare ad una reale riforma del settore che ci faccia uscire dal limbo, nel quale si discute da tempo. E la riforma dovrebbe scaturire da un dibattito tra il Parlamento e gli operatori del settore, non dalle esigenze di cassa del ministero dell’Economia, arbitro unico delle sorti dell’editoria in Italia….

Bisogna fare approvare misure urgenti, tese a salvaguardare le testate di cooperative e associazioni, tutte no profit, che sono a rischio di chiusura a causa dei tagli immotivati del contributo diretto all’editoria.

Bisogna richiedere l’avvio immediato di un Tavolo di confronto sull’indispensabile riforma dell’intero sistema dell’informazione (giornali, radio, tv, internet).

Perché circa 200 testate di giornali, gestite da cooperative e associazioni, tutte no profit, rischiano oggi, se non interverranno il Governo e il Parlamento con misure urgenti e adeguate, la definitiva chiusura.
 Una chiusura che sarebbe di straordinaria gravità per un Paese democratico.Senza questi giornali infatti l’informazione italiana sarebbe in mano a pochi grandi gruppi editoriali e in molte Regioni e Comuni rimarrebbe un unico soggetto, monopolista di fatto, dell’informazione locale e regionale. Senza questi giornali, impegnati da sempre a narrare e confrontare con voce indipendente esperienze, testimonianze, inchieste connesse a specifiche aree di aggregazione sociale e culturale e ad affrontare con coraggio tematiche di particolare rilevanza a livello nazionale, l’informazione italiana perderebbe una parte indispensabile delle proprie esperienze plurali.

Quali sono e conseguenze sociali ed economiche di queste chiusure?

Lo spieghiamo nel blog www. menogiornalimenoliberi.it 

Le ripetiamo: perdita di più di 200 voci libere dell’informazione, in tutta Italia e nel mondo; perdita di 3.000 posti di lavoro tra giornalisti e poligrafici, con una forte ricaduta negativa per l’indotto (tipografi, giornalai, distributori, trasportatori) e per  le economie locali nel loro complesso; 300 milioni in meno di copie di giornali distribuite ogni anno in Italia e nel mondo; 500 mila pagine di informazione in meno ogni anno; milioni di articoli, post, blog… in meno, ogni anno. E inoltre, per lo Stato: aumento dei costi per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori dipendenti; minori entrate fiscali.

In caso di chiusura di tante testate, i costi per lo Stato sarebbero largamente superiori  al valore delle somme necessarie per adeguare il Fondo per il contributo diretto all’Editoria al fabbisogno effettivo, individuabile per il 2015 in circa 90 milioni di euro. La Carta fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea impegna ogni Paese a promuovere e garantire la libertà di espressione e di informazione: Lo Stato Italiano risulta oggi, però, agli ultimi posti in Europa per l’investimento pro capite a sostegno del pluralismo dell’informazione. L’investimento attuale è, infatti, pari ad una percentuale irrisoria  del Bilancio dello Stato.

Ecco l’all’appello, rivolto al Parlamento e al Governo.  Ogni cittadino può dare il proprio contributo alla continuazione di queste esperienze cooperative e non profit. Testate libere da condizionamenti proprietari, gestite, senza fine di lucro e secondo criteri di trasparenza ed efficienza, da gruppi di giornalisti indipendenti, senza alcun apporto di capitale esterno in grado di condizionarne l’attività editoriale.

Ogni cittadino può partecipare, tramite il blog www.menogiornalimenoliberi.it, alle proposte in discussione relative ad alcune linee fondamentali da suggerire al Governo e al Parlamento per la Riforma  del settore.

Domenico Porpiglia

Direttore La Gente d’Italia – Cronache degli Italiani dal mondo

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