Editoria e contributi: Mediacoop a difesa del pluralismo. Parla il coordinatore nazionale Roberto Calari 1


calari corr romagna, 9sett2015FORLÌ. Da due anni e mezzo circa alla guida di Mediacoop, l’associazione che raggruppa tante realtà cooperative del settore editoriale, Roberto Calari, 65 anni, è da oltre un anno in trincea nella difficile battaglia a difesa del pluralismo dell’informazione.

«Quando si parla di contributi pubblici all’editoria cooperativa, non profit e diocesana – sottolinea, infatti, con forza – si parla proprio di questo: di un baluardo a difesa della pluralità dell’informazione la cui sopravvivenza non può essere affidata solo al mercato».

Un principio richiamato anche dall’articolo 21 della Costituzione: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

«Il problema – riprende Calari – è stato quello di garantire la qualità e il rigore dell’intervento pubblico e al contempo, pur a fronte della crisi, di non ridurre le risorse a sostegno del pluralismo».

Dentro Mediacoop 163 le realtà aderenti, 80 delle quali legate all’informazione non solo su carta stampata, come Manifesto, Corriere Romagna, Noi donne, ma anche digitale. Un mondo che coinvolge direttamente 3mila persone e fino a 7-8mila considerando l’indotto di stampatori, edicolanti, agenzie di distribuzione e altri ancora.

«Il vero patrimonio inestimabile che arricchisce il pluralismo – sottolinea il coordinatore nazionale – sono i giornalisti più piccoli rispetto ai grandi gruppi editoriali, impegnati ogni giorno a gestire una informazione libera da vincoli e condizionamenti. I tagli e le riduzioni dei contributi, avvenuti anche con effetto retroattivo su poste già messe a bilancio, sono stati drammaticamente pesanti, basti pensare a testate storiche come il quotidiano Corriere Mercantile o il settimanale Salvagente, che hanno dovuto cessare le pubblicazioni ma che speriamo di poter recuperare in un prossimo futuro».

Il fronte dell’impegno di Mediacoop, e delle altre sigle coinvolte nella campagna battezzata Meno giornali meno liberi«che è riuscita nell’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica in modo pacato e non fazioso» – è ancora duplice. «Da una parte – ricorda Calari, anche presidente di Aci Comunicazione (espressione dellAlleanza cooperative italiane) – c’è bisogno di una riforma della legge sull’editoria promessa dal Governo, e alla cui formulazione stiamo contribuendo anche noi in questi ultimi mesi, che dia certezze di regole e contributi per almeno un quinquennio e dall’altra, purtroppo molto più stringente e attuale, l’erogazione delle risorse maturate negli anni 2014 e 2015 in quantità da soddisfare tutti i bisogni del settore. Una formalizzazione, giunti ormai alla fine dell’anno, che ancora manca. Chiara la bocciatura da parte della Camera della proposta di legge dei 5Stelle che volevano azzerare i contributi, e che dimostra la volontà del Parlamento di non voler cancellare il sostegno. Ma ora bisogna fare in fretta».

«E’ inaccettabile che mentre si fanno decine di riunioni sulla riforma, dall’altro lato si vada verso una Legge di stabilità dove dei fondi necessari non c’è traccia, anche perché la scomparsa di tanti piccoli editori costerebbe molto di più allo Stato di quanto risparmierebbe riducendo drasticamente i contributi. Abbiamo nuovamente scritto al sottosegretario con delega all’editoria Luca Lotti, che già aveva garantito l’impegno del Governo nel marzo scorso. Nel frattempo ho chiesto a tutte le realtà coinvolte di proseguire la campagna Meno giornali meno liberi fino a riforma avvenuta. In gioco c’è la sopravvivenza soprattutto di quelle testate, medie e piccole, che rappresentato l’unica voce indipendente di interi territori. Questo significa che siamo coinvolti prima di tutto in una battaglia per la democrazia».

di Gaetano Foggetti, Corriere di Romagna – 6 novembre 2015

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